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È in partenza un corso – con la collaborazione di agenzia formativa Cedit – che consentirà agli operatori del mondo agricolo di apprendere le nuove tecniche (e anche le nuove strategie) per la frumenticoltura del terzo millennio: si tratta di un periodo di formazione, della durata di 16 ore, previsto all’interno della sottomisura 1.1 del progetto Progetto finanziato sul Bando PS-GO “Pane Plus Days”, organizzato da Cedit, agenzia formativa accreditata dalla Regione Toscana. Il tema del corso è “Nuove strategie di gestione della sostanza organica quale elemento di fertilità del terreno e contrasto dei cambiamenti climatici”. I docenti del corso sono Marco Mancini (Direttore della Fondazione Clima e Sostenibilità) e Marco Napoli (Ricercatore dell’Università degli Studi di Firenze). Ed è proprio Mancini a spiegare quali siano le più recenti tecniche per la frumenticoltura in Toscana, anche alla luce di un cambiamento climatico che influisce sia sulla quantità che sulla qualità del prodotto. L’intervista integrale è disponibile nel video qui sotto.

 

Com’è strutturato e a chi è rivolto il corso?

È rivolto principalmente agli agricoltori ma è aperto a tutti: noi ci focalizziamo sulla coltivazione del frumento in Toscana e quindi è particolarmente indicato per chi coltiva frumento. Si tratta del proseguo di un altro corso, tenutosi l’anno scorso; ci occupiamo delle nuove tecniche di frumenticoltura in Toscana, affrontando diversi aspetti nelle varie lezioni, sempre con un occhio di riguardo all’agricoltura di precisione. Penso ad esempio alla nutrizione della pianta, che ha duplice valenza: l’aumento della fertilità ma anche un modo diverso per impiegare l’anidride carbonica che si genera all’interno di questo processo, così da contrastare anche il cambiamento climatico di cui la CO2 – che è un gas serra – è uno dei principali responsabili.

Come sta cambiando la frumenticoltura in Toscana alla luce dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento?

Soprattutto il cambiamento climatico incide, perché stressa le piante: con gli eventi estremi – siccità o pioggia – la pianta ne risente, perché lunghi periodi di siccità possono sottoporre il grano a carenza idrica e quindi ad una riduzione della produzione perché la pianta muore prima del completamento del suo ciclo naturale. Su questo lavoriamo mettendo in campo delle strategie: mitigare questi fenomeni intervenendo sul gas serra e mettere in campo tutte quelle misure atte a diminuire lo stress da eventi estremi.

Quindi chi lavora in agricoltura deve convivere con queste problematiche?

Sì, con rapidità dobbiamo saper rispondere alle condizioni che ci si pongono davanti, affinché non impattino troppo sulla produzione.

Qual è il livello di consapevolezza per quanto riguarda queste criticità in Toscana?

È molto alto, perché l’agricoltura è uno dei primi settori ad aver riconosciuto gli effetti dei cambiamenti climatici, visto che la produzione è esposta direttamente. La nostra frumenticoltura è di qualità, a livello nutrizionale ma anche per l’ambiente pedoclimatico in cui il frumento è coltivato; a produttività molto basse si associano elementi nutritivi nel grano. Quindi dobbiamo riconvertirci dalla produttività massima al valorizzare una qualità che chimicamente è stata già dimostrata. È una nicchia produttiva da tutelare e da comunicare nel modo giusto.