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VETTER è una sigla inglese che sintetizza un importante progetto di PCTO (ex alternanza scuola lavoro) di respiro europeo. Il Progetto VETTER – Promoting VET attractiveness and skills through mobility, cofinanziato dal Programma operativo regionale (Por) del Fondo Sociale Europeo (Fse) 2014-20, rientra nell’ambito del progetto della Regione Toscana Giovanisì per contribuire a consolidare una cultura diffusa del modello innovativo di apprendimento duale, che integra strutturalmente metodologie di formazione in aula e  “on the job” , per favorire l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani. Un progetto di alternanza scuola – lavoro andato a buon fine, sulla scia di iniziative già svoltesi negli anni passati, sempre all’estero. Protagonisti 12 studenti dell’indirizzo grafico e meccanico/metalmeccanico dell’istituto professionale Marconi di Prato, che hanno potuto affrontare un’esperienza di crescita umana e professionale con uno stage di un mese a Dublino, grazie anche alla regia di Cedit e ai fondi regionali. A raccontare com’è andata è il dirigente scolastico del Marconi Paolo Cipriani, per il quale VETTER potrà fare da modello futuro.

Dirigente, perché avete puntato sul progetto Vetter?

L’apprendimento duale ha mirato a sviluppare anche nuove competenze, in particolare le soft skills, quali, ad esempio, collaborazione e partecipazione, flessibilità al cambiamento, problem solving, leadership, comunicazione, che possono facilitare la transizione al mondo del lavoro e incrementare l’occupabilità dei giovani. Le soft skills sono le competenze più trasferibili e sono indice di maturità in relazione a se stessi, agli altri, al lavoro. Grazie a VETTER, per esempio, un gruppo di 12 studenti del Marconi si è recato a Dublino, per un’esperienza di crescita umana e professionale .

Com’era stato strutturato il progetto Vetter per i ragazzi del Marconi?

È un progetto di alternanza scuola lavoro all’estero, con 12 ragazzi delle classi quarte e che adesso sono in quinta. Hanno fatto un tirocinio di un mese a Dublino, in aziende metalmeccaniche o simili e altri nel settore della grafica. Abbiamo selezionato ragazzi con buona padronanza dell’inglese, con talento professionale. Quest’anno sono stati a Dublino ma siamo stati già in Galles.

Gli studenti hanno potuto potenziare il loro inglese e poi si sono potuti concentrare sull’aspetto lavorativo; nel fine settimana, invece, hanno approfittato dell’esperienza insieme ai professori per qualche attività culturale, come visitare Dublino e altre zone. È stato impegnativo: i ragazzi sono stanchi ma felici, come ci hanno detto nell’incontro finale del 27 settembre.

È stata una buona via per far funzionare l’alternanza scuola lavoro?

Con tutte le accortezze del caso, possiamo anche svilupparlo ulteriormente: abbiamo scelto professori e tutor formati per seguire i ragazzi, che hanno seguito anche le aziende e le attività svolte. Questo è un qualcosa che facciamo sempre, perché è fondamentale saper scegliere i partner. L’alternanza scuola – lavoro dà grandi responsabilità alle scuole da questo punto vista e noi abbiamo istituito un gruppo di controllo. Non dobbiamo mettere a rischio i ragazzi, perché tutti abbiamo ancora negli anni quello che è accaduto pochi giorni fa (il riferimento è alla morte di un 18enne in PCTO in un’azienda della provincia veneziana, nda); l’alternanza è una grande risorsa, dà modo ai ragazzi di imparare a star fuori dalla scuola, ma comunque sempre controllati da tutor scolastici e aziendali .

Quali sono i prossimi passi?

Contemporaneamente il Marconi ha portato avanti un percorso di alternanza scuola – lavoro con studenti con lieve disabilità, stavolta in Spagna: Sono quattro ragazzi che sono stati seguiti da due docenti presenti in loco e tutto è andato molto bene. È stata un’esperienza sulla disabilità molto importante, quasi unica nel suo genere. Sull’alternanza scuola lavoro si può investire e lavorare e noi l’abbiamo fatto anche grazie ai nostri partner in Vetter: Regione Toscana e Cedit.