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Paolo Cipriani, dirigente scolastico dell’istituto professionale “Guglielmo Marconi” di Prato, presenta il progetto I Bike, che ha come obiettivo quello di recuperare parti meccaniche di biciclette per poi rimetterle sul mercato, coinvolgendo i propri studenti anche oltre il lavoro materiale. L’agenzia Cedit è stata partner della scuola curando la parte della progettazione.
L’iniziativa di impresa didattica di riparazione e manutenzione di biciclette 2.0 fa seguito all’avviso “sostegno alla creazione e al consolidamento delle imprese didattiche” finanziato con le risorse del Fondo Sociale Europeo nell’ambito di Giovanisì, il progetto della Regione Toscana per l’autonomia dei giovani. Sabato 20 febbraio 2021 alle 10 è in programma l’evento finale in streaming, a cui ci si può collegare cliccando qui. All’evento partecipano, oltre al dirigente anche autorità come il sindaco di Prato Matteo Biffoni, l’assessore alla Mobilità Flora Leoni, il presidente della Provincia Francesco Puggelli, la consigliera regionale Ilaria Bugetti, il direttore di Cedit Laura Simoncini e l’assessora regionale all’Istruzione Alessandra Nardini.

Qual è l’obiettivo del progetto I Bike?

Già da diversi anni ci siamo accorti che le nuove generazioni stanno perdendo delle manualità importanti e operative. Abbiamo cercato di correre ai rimedi con questo progetto e altri. Con I Bike impegniamo gli studenti in un lavoro che li rende partecipi, vedendo un inizio e una fine di questo percorso, inoltre si inseriscono ulteriori competenze rispetto a quelle meccaniche, come quelle delle relazioni all’interno di piccoli gruppi. C’è poi anche una parte di elettrico, visto che alcune biciclette oggetto del nostro intervento sono state trasformate.

Quali sono le basi su cui il progetto appoggia?

I nostri ragazzi si ritrovano in laboratorio e fanno manutenzione di biciclette abbandonate, recuperate dai Comuni di Prato e Scandicci. A volte da tre biciclette se ne ricostruisce una, talvolta serve solo un intervento manutentivo generale. Facciamo un grosso lavoro di service alla comunità: sono materiali che andrebbero tutti eliminati e si cerca di recuperare il più possibile. Allo stesso tempo i ragazzi si realizzano, mettono in pratica le loro capacità, anche operative. In questo modo si abbatte un po’ anche la dispersione scolastica. Infine, le biciclette vengono anche vendute: abbiamo pronto un primo lotto di 52 bici che sarà possibile acquistare. I ragazzi partecipano anche alla fase di vendita: intanto sono state pubblicate sulla nostra pagina Facebook.

Come vivono i ragazzi questa esperienza?

Nell’ambito del progetto i ragazzi scrivono anche un “diario di bordo” su tutto quello che fanno giornalmente. Il 20 febbraio presenteremo anche alcuni estratti di questi diari. L’abilità di scrivere e di riflettere su quanto è stato fatto non è sempre comune nella scuola. Grazie a collaborazioni con Indire e Università di Brescia il “Marconi” è riuscito a fare un bel lavoro di riflessione con gli insegnanti e poi a cascata anche con i ragazzi. Nella fase finale abbiamo fatto un lavoro di autoriflessione e valutazione su quello che abbiamo fatto, seguendo anche la traccia dei nuovi percorsi delle neuroscienze, in un mondo della scuola ancora oggi eterodiretta.

Qual è stato il ruolo del Cedit nel progetto I Bike?

Sicuramente decisivo e fondamentale nel coordinamento, più una progettazione fatta assieme. Il lavoro didattico è stato infine svolto da noi. Siamo molto grati al Cedit e a Confartigianato Toscana che collabora da anni con la scuola. Questa è stata un’esperienza interessante e che continuerà il prossimo anno soprattutto con la parte più dedicata all’elettrico. Le scuole devono collaborare con le associazioni degli imprenditori, è vitale. Quest’anno abbiamo fatto anche un lavoro sul curriculo integrato assieme sempre con Cedit e Confartigianato Toscana, tramite conferenze in Meet con i docenti e rappresentanti delle categorie economiche, riflettendo sulle esigenze locali e gli indirizzi delle scuole. Ora stiamo rivedendo le convenzioni e lavorando su una mappa di quelli che potrebbero essere l’apporto da parte delle associazioni in esperienze dentro la scuola, grazie alla riforma degli istituti tecnici professionali con unità didattiche interdisciplinari in cui il mondo del lavoro entra in classe, portando la propria esperienza.